domenica 22 luglio 2007

Ciao Fausto !

Caro Fausto, te ne sei andato una calda domenica di luglio. La leucemia ti ha sconfitto nel corpo, ma sicuramente non nello spirito. La tua generosità, la tua forza e la disponibilità nell’incontrare le problematiche comuni del mondo della disabilità rimangono infatti sempre ben impresse nel nostro cuore e ci accompagnano in ogni passo della nostra giornata.
Non passano certo disattese le parole che hai pronunciato in occasione della nomina a "referente per le problematiche dei disabili":

"Il mio impegno rispetto a questo incarico si articolerà in vari aspetti. Innanzitutto vi sarà un monitoraggio dell'accessibilità della nostra città, a cominciare dagli edifici pubblici e quindi in primis da quelli comunali.
Per far questo mi avvarrò, e mi saranno anche necessarie, le segnalazioni delle cittadine e dei cittadini che dovessero incontrare simili ostacoli nella loro quotidianità.
Non intendo, tuttavia, limitare il mio ruolo a questa indispensabile funzione.
Centrale anche riguardo queste tematiche è la dimensione culturale. Una promozione della cultura della disabilità e dell'eguaglianza nella diversità è indispensabile per garantire la piena inclusione e il pieno rispetto dei diritti delle persone con disabilità e quindi di ogni donna e di ogni uomo. Questo significa diffondere a partire dalle scuole la conoscenza delle problematiche e delle peculiarità anche positive che ineriscono le persone disabili, la loro vita, il loro punto di vista; questo significa costruire e diffondere la cultura del rispetto e della valorizzazione di tutti e ciascuno.
Un incarico di questo genere implica una riflessione ed un lavoro sui tempi e i modi di vivere la città, per far sì che questa sia meno disabile, divenga più accessibile ed accogliente per tutte e tutti. Una città a misura d'uomo e donna, bambino ed anziano ed anche a misura di persona disabile.
Questi semplici, e al contempo assai impervi, obiettivi hanno come meta, ma pure come irrinunciabile presupposto, l'impegno in prima persona e il protagonismo delle donne e degli uomini con disabilità.
La partecipazione alla vita pubblica di tutti e ciascuno oltre che essere un diritto è, nelle forme e nelle modalità più confacenti, un dovere nei confronti della propria comunità. Ma questo non è sempre agevole, come possono testimoniare le persone che, come me, vivono in prima persona problemi di mobilità grave e meno, o comunque problemi fisici di vario genere.
È un dovere quindi, da parte delle istituzioni pubbliche e da parte di coloro che sono preposti a questo ruolo, mettere tutti nelle condizioni di svolgere questi impegni.
Il diritto alla vita indipendente e all'autonomia, il diritto a muoversi liberamente, il diritto alla partecipazione, sono diritti fondamentali di ogni donna e di ogni uomo, riconosciuti anche dalla nostra Costituzione. Intendo, in forme e in modalità ancora da definirsi, impegnarmi per promuovere la partecipazione diretta delle persone con disabilità alla vita pubblica e il diritto dei disabili ad una vita indipendente."

Grazie per l’immenso lavoro fino a qui svolto. Facciamo tesoro del tuo impegno e delle tue conquiste: adesso il testimone passa a noi. Cercheremo, sotto ogni aspetto, di onorare il vincolo che ci lega.

Fausto Concer, nato il 10.01.1972, è deceduto a Bolzano il 15.07.2007; dottore in filosofia, è stato Consigliere Comunale dal 2005 al 2007. Con deliberazione n. 31/18870 del 14.03.2006 il Consiglio Comunale gli aveva altresì conferito l'incarico di "referente per le problematiche dei disabili".

martedì 10 luglio 2007

Un calcio ben piazzato alla paura

(Pubblicato sul “Trullallero” del mese di dicembre 2005, newsletter informativa dell’AIAS, Associazione Italiana Assistenza Spastici, Sezione di Bolzano, presso la quale Elena ha praticato diversi cicli di terapia musicale e dove la mamma di Elena attualmente collabora. L’Associazione ha richiesto di esprimere la propria opinione ed una considerazione circa l’esperienza maturata fino a quel periodo.)
“Mi chiamo Michela e sono la mamma di Elena, una splendida bimba nata nel dicembre del 2003. Elena, nata apparentemente sana, si è ammalata quando aveva quattro mesi e dopo un lungo e complesso ricovero in ospedale, dovuto a gravi crisi epilettiche, è risultato che la nostra bambina è affetta da encefalopatia con un grave ritardo psico-motorio.
Tra le varie terapie che effettuiamo con cadenza quotidiana, da aprile 2005 Elena frequenta anche il corso di musicoterapia organizzato dall’AIAS.
I miglioramenti di Elena fanno timidamente capolino a piccoli passi attraverso cenni a volte quasi impercettibili. Ma ci sono. Dopo un anno dall’inizio delle terapie e dopo un lungo processo di stimolazione Elena ha finalmente dimostrato interesse al punto di allungare le mani per toccare – prima – e suonare – poi – gli strumenti musicali che le vengono proposti. Al fine di testimoniare questi suoi progressi la scorsa settimana ho portato con me la macchina fotografica, ma – forse per un segno del destino – ogni fotogramma scattato è risultato sfuocato. Tutti ad eccezione di uno, quello in cui Elena tende la mano verso il violino, per suonarlo.

Ho voluto credere fortemente in questo come in tanti altri “segni” che rappresentano - a mio giudizio - la mano tesa, ossia la richiesta di una piccola creatura inerme che si protende in cerca di amore. Amore che noi genitori possiamo e dobbiamo dare ai nostri figli, piccoli o grandi che siano, ma comunque sempre privi di difesa. A volte ci si sente impotenti, si vorrebbe fare di tutto e di più e può capitare di cadere nello sconforto, rendendosi erroneamente conto di non poter fare nulla. Ciò non è corretto: con la nostra costante presenza ed il continuo amore di mamme sono convinta che (anche se apparentemente può non sembrare) questi profondi sentimenti siano perfettamente recepiti ed assorbiti dai nostri bambini. Il desiderio di essere utili, spesso in contrapposizione con la sensazione di fallimento o inefficienza, sono in qualche modo fortissimi. Sovente ci si dimentica, però, che l’obiettivo delle nostre attenzioni è sempre costantemente molto più vicino a noi di quanto non immaginiamo: è semplicemente lì, che tende la mano e chiede aiuto e amore.
La mia Elena è stata per un lungo lasso di tempo in terapia intensiva e più volte ha rischiato la vita. Ancora oggi non riesco a togliermi dalla mente quel periodo, quel silenzio, quei macchinari, quel fortissimo legame che è andato rafforzandosi tra i genitori dei piccoli compagni di stanza che oggi ne sono usciti e di quelli che, invece, non ce l’hanno fatta. L’attesa a casa “della telefonata” dall’ospedale: ancora oggi quando squilla il telefono ho un sussulto; ancora oggi quando metto a letto la mia piccola ed assieme recitiamo le preghiere della sera, ancora oggi quando dedichiamo la nostra giornata ai bimbi malati e sofferenti, ancora oggi quando vado a dormire e nei miei incubi ricorrenti sogno la mia piccola che se ne va, ancora oggi quando ripenso a quei giorni, sono convinta che la paura sia in assoluto l’elemento più negativo e distruttivo per il futuro nostro e quello dei nostri figli. Distruttivo perché tarpa le ali a tutti quelli che possono essere i sogni, i desideri, ma anche i progetti reali per poter dare una concreta speranza di miglioramento. Negativo, perché la paura - da ogni punto di vista ed in ogni campo - è in netta contrapposizione con la volontà di progresso.
In questo anno e mezzo di galoppate tra una terapia e l’altra, tra un ricovero ed una visita medica, posso dire di avere ancora troppa poca esperienza - come mamma di un disabile - per esprimere un giudizio per quanto riguarda l’incredibile mondo in cui siamo state proiettate.
Desidero però essere, assieme alla mia Elena, un messaggio di speranza per tutte le mamme - attuali e future - di persone in situazione di handicap, ma non solo, anche di mamme “normodotate”, affinché si ricordino molto molto bene che la salute è un bene prezioso del mondo, un vero e proprio dono che va tutelato ed onorato al meglio. Il mio invito è quello di dare un calcio ben piazzato alla paura e di spalancare le porte all’amore ed alla fede, perché solo con la speranza i nostri figli potranno crescere in un clima positivo e solo in questo modo potremo trasmettere loro un messaggio di serenità. Bolzano, novembre 2005 - Michela, mamma di Elena”.

Un blog per Elena

Tutta questa documentazione in ogni caso è depositata presso la Biblioteca Handicap dell’AIAS (associazione italiana assistenza spastici) di Bolzano, Via Piacenza, 29 ed all’Ufficio di Genetica della Provincia di Bolzano ed è a disposizione dei genitori interessati.
Il nostro primo sito è stato il precursore dell’attuale blog. Di difficile programmazione, elaborazione e revisione, il sito internet (non più modificato) è stato quindi il modello in origine e lo spunto per l’attuale pagina “Dolce Elena”: il blog vuole essere infatti un costante aggiornamento online della situazione della nostra piccola ed eventualmente anche un piccolo aiuto a genitori che, come noi nel luglio 2004, cercavano una testimonianza o comunque un “appiglio per non affondare” …

Elena Angeli: una vita “diversamente” bella

In molti mi chiedono come mai, invece di riposare un po’ di più, ho osservato a volte in modo così maniacale l’evoluzione e la crescita di Elena, annotando nella mia mente (e anche sulla carta) i suoi lenti ma costanti progressi.
In realtà la “Storia di Elena – Das Ich-Buch” è nata quasi per caso: ho cominciato infatti a prendere appunti quando siamo tornate a casa dall’ospedale all’età di sette mesi per poter segnalare con precisione al medico curante ed alle terapiste tutto quello che succedeva.
Poi ho iniziato a frequentare la “Biblioteca Handicap” dell’AIAS Sezione di Bolzano, per cercare testimonianze di mamme con bambini in situazioni di handicap o affetti da sindromi rare. Desideravo imparare nuove terapie da fare con Elena. Lo scopo era anche quello di informarmi su ciò che stava accadendo alla nostra piccola. Mi sono infatti subito resa conto che l’universo dei “diversamente abili” era un mondo che mi faceva – e mi fa ancora oggi – molta paura, proprio perché “paura”, a mio giudizio, viaggia a braccetto con “ignoranza”.

Desideravo inoltre avere “un’infarinatura” (pensavo bastasse …) di tutto quello che riguarda l’invalidità in genere: ho letto molti libri e mi sono molto informata, ho iniziato a frequentare associazioni e genitori, nonché gruppi di auto mutuo aiuto.
Poi un giorno ho finalmente compreso che non si trattava di “studiare” o di applicarsi con più o meno profitto, significava semplicemente vivere. Ho chiuso tutti i libri, ho dato un grosso bacio alla mia Elena e siamo andate a giocare con le sue scatolette: ho capito che solo vivendo la vita con profondità ed entusiasmo si può “imparare” e che – comunque – le risposte (se ci saranno) arriveranno solo nel momento più opportuno. Non sempre ci è dato sapere proprio tutto …